Il caso

Andria, finanziamento al terrorismo islamico. Si conclude la vicenda processuale: tutti innocenti

Luca Ciciriello
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Andria panorama - i tre campanili
Andria panorama - I tre campanili
Lo scorso 9 ottobre la Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado con cui i quattro andriesi coinvolti erano stati assolti per insussistenza del fatto
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Anche la Cassazione ha riconosciuto l’innocenza di Walter Lopetuso, Vincenzo Terlizzi, Gianmarco Valente e Pasquale Petruzzelli, gli andriesi accusati (e, quindi, arrestati a luglio 2021) di finanziamento al terrorismo islamico. L’udienza si è tenuta lo scorso 9 ottobre dopo il ricorso avanzato dal pubblico ministero contro la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Bari del 22 novembre 2023. In quella sede, i quattro erano stati assolti per insussistenza del fatto, mentre in primo grado tutti condannati alla detenzione in carcere. Secondo l’accusa, tra il 2016 e il 2019, inviarono denaro da un centro money transfer di Andria a vari destinatari in diversi Paesi del Mondo con l’obiettivo di finanziare combattenti e militanti jihadisti.

Tutto nasce da quanto accaduto a Parigi tra il 13 e il 14 novembre 2015: un commando armato collegato all’Isis, l’autoproclamato Stato Islamico, sferra una serie di attacchi terroristici di matrice islamica, compiuti da almeno dieci soggetti. Questi sono responsabili di tre esplosioni nei pressi dello stadio e di sei sparatorie in diversi luoghi della capitale francese. La più sanguinosa avviene nel teatro Bataclan, dove vengono uccise 90 persone. Le vittime sono in totale 130, a cui si aggiungono 413 feriti.

All’indomani di questi fatti la Procura antiterrorismo francese avvia un’attività investigativa ad ampio raggio. Tra gli altri obiettivi, anche quello di bloccare e colpire i circuiti che finanziano il terrorismo dell’Isis. Vengono individuati soggetti francesi che hanno inviato denaro nei territori immediatamente vicini alla Siria e si riesce a dimostrare che questi soldi sono a disposizione di un agente che ha il compito di reclutare foreign fighters, combattenti stranieri nella jihad, la cosiddetta guerra santa.

In collegamento a queste indagini, l’antiterrorismo d’Oltralpe invia alla Procura nazionale antimafia italiana i nominativi di una decina di persone che hanno effettuato versamenti analoghi a quelli eseguiti dai francesi.

Somme, destinazioni e modalità appaiono simili: al di sotto dei 1000 euro e attraverso Western Union o altre società che si occupano di trasferimento di denaro. Dunque, a sua volta, la Procura nazionale delega alla Direzione distrettuale antimafia di Bari indagini di approfondimento su versamenti di soldi effettuati da Lopetuso e Petruzzelli a un certo Mark Haddad in Libano. Si ipotizza, appunto, che i due abbiano finanziato il terrorismo islamico. Partono, perciò, le indagini e i ragazzi sono sottoposti a intercettazioni da cui emergono i nomi di altri andriesi che hanno inviato denaro all’estero con quelle modalità: Terlizzi e Valente.

In realtà, non appena hanno modo di interloquire con le autorità durante il processo, i ragazzi riferiscono che tutti quei trasferimenti erano finalizzati all’acquisto di jammer e telecomandi per clonare segnali di auto. Nessun finanziamento al terrorismo islamico, dunque. Comprarono su internet quei dispositivi per rivenderli sul territorio, lucrando sulla differenza.

Dopo le condanne in primo grado, le difese hanno fatto appello e ribadito che la finalità delle operazioni e dei versamenti realizzati dai ragazzi era comprare dispositivi e rivenderli, aggiungendo che non ci fossero prove del fatto che i soldi degli andriesi fossero giunti in Siria e utilizzati dai jihadisti.

Prove necessarie, secondo i legali, perché si tratta di un reato a condotta vincolata, che, cioè, per la sua realizzazione richiede l’esecuzione di una serie di passaggi: raccolta dei soldi, il loro trasferimento e l’arrivo a destinazione. Arriviamo, così, allo scorso novembre: la Corte d’Appello di Bari ribalta la sentenza assolvendo i ragazzi per insussistenza del fatto, esito confermato dalla Cassazione qualche giorno fa.

Le dichiarazioni

«Si è trattato di una vicenda kafkiana, molto complessa – sostengono Francesco Pollice e Vincenzo Papeo, legali rispettivamente di Lopetuso e Terlizzi, quest’ultimo assistito anche da Raffaele Quarta –, in cui la difesa ha dovuto affrontare una resistenza francamente inspiegabile, soprattutto da parte della Corte di Assise di primo grado, quindi di Trani, a verificare la prova difensiva, allegata sin dalla fase delle indagini ed entrata nel processo di primo grado con molta fatica, con consulenze fatte a cura e spese della difesa, quando in realtà era dovere di tutti, ad iniziare dalla Procura della Repubblica, verificare la tesi difensiva».

«La sentenza di primo grado, che non ha accolto nessuno dei rilievi difensivi – dichiarano –, è stata completamente annullata in appello con una motivazione della Corte d’Assise d’appello ineccepibile e puntuale sotto tutti gli aspetti».

«Contro questa sentenza di assoluzione – proseguono –, sempre la Procura distrettuale applicata come Procura generale ha effettuato un corposo atto di ricorso per Cassazione che, poi, ha riconosciuto la bontà della sentenza di secondo grado e finalmente dopo quasi due anni e cinque mesi di ingiusta detenzione è stata riconosciuta l’innocenza di questi cittadini andriesi rei di aver soltanto acquistato online delle merci e sospettati, invece, di aver effettuato del finanziamento al terrorismo islamico senza neppure che le indagini fossero riuscite a dimostrare chi fosse il reale finanziatore al quale si sarebbero prestati per effettuare il finanziamento. Riteniamo, dunque, che finalmente e con molta difficoltà, molto sacrificio da parte degli imputati e delle loro famiglie, si è riusciti a fare giustizia».

«Il prossimo passo? Riteniamo – concludono – che sia doveroso ristorare per quanto possibile questa carcerazione ingiusta che hanno subìto da parte dello Stato e, quindi, sicuramente ci saranno richieste di riparazione per l’ingiusta detenzione, sperando che la Corte di Appello che dovrà occuparsi della vicenda sia in grado di cogliere l’effettiva sofferenza, il danno innanzitutto morale oltre che materiale che hanno patito loro e i familiari».

L’avvocato Michele Ippedico ha difeso Gianmarco Valente, mentre il legale Mauro Sgaramella ha assistito Pasquale Petruzzelli.

sabato 12 Ottobre 2024

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