La Città di Andria, quindi, partecipa alla formazione dell’Unità d’Italia, seppure con un una parte della borghesia (liberali, democratici e mazziniani) poco rappresentativa dei sentimenti della popolazione; quest’ultima divisa tra una fazione nettamente ostile (aristocrazia e clero reazionario), altri cosi detti “galantuomini” prudenti non schierati apertamente che, dietro il moderatismo liberale, nascondevano i propri timori per la ventata rivoluzionaria portata dalle camicie rosse e, infine, la gran parte della popolazione spettatrice inerte di un mutamento di potere, nel quale non vedevano ancora spiragli di concreto vantaggio per le misere condizioni di vita cui erano costretti.
Ciò nonostante a cose fatte, ed alle prime elezioni (cui partecipa per la legge sabauda un ristretto numero di elettori, appena 347 su una popolazione di circa 20.000 abitanti), la coalizione dei progressisti si impose ed amministrò per i primi tre anni il neonato Consiglio Comunale. Richiamo ad una lieve mutamento dei tempi è costituito dalla presenza, tra i candidati consiglieri, di alcune figure non propriamente appartenenti alla elite borghese: ad es. N. Cicco –fabbroferraio, A. Leonetti sellaio, e fra gli eletti si distingue un tale Marzovillo-maccaronaro. La prima Giunta Comunale risultò, quindi, composta da elementi progressisti: Sindaco Nicola Porro notaio, Nicola Broquier farmacista e Riccardo Gallelli legale.
La Città partecipò, come molte altre realtà del Meridione, alla nascita dell’Italia in quel 17 marzo 1861, senza grandi entusiasmi ma trascinando con sè consistenti sacche di nostalgici del regime borbonico. Si ha chiara la sensazione, rivisitando le vicende storiche del periodo, del fatto che la popolazione attraversò un importante e fondamentale momento della nostra storia, senza potervi punto incidere; senza cioè, poter mettere sulla bilancia della rivoluzione in atto, nessuna delle proprie rivendicazioni , vuoi perché la stessa portata della spedizione garibaldina fu decisamente orientata all’obiettivo dell’unità e della liberazione, avendo messo da parte tutte le componenti democratiche più aperte alle istanze sociali; ed altresì, per il carattere prevalentemente borghese del progetto unitario, poi per tanti anni 1821/1848 recluso nel segreto delle consorterie della carbonerie e massoneria.
A tanto si aggiunga anche la prevalenza del movimento liberale che seppure costituzionalista e libertario, non affrontò, se non di rado, i grossi temi sociali del meridione. Quali tra i nostri più illuminati progressisti, fortemente impregnati di idealismo e di patriottismo, hanno mai legato o tentato di creare un serio legame con i bisogni delle masse? Eppure non dovevano loro sfuggire la condizione di grande povertà e disagio della gran parte della popolazione contadina del nostro territorio. Se illuminati, come lo sono stati in epoca coeva pensatori e movimenti europei al pari di Owen ed il Cartismo inglese, Blanc e Prudhon in Francia, Lasalle in Germania, avrebbero dovuto porre in qualche maniera una semplice questione: dove sarebbe la libertà del popolo sottratto al potere dei Borboni, senza una concreta svolta nelle loro condizioni di lavoro e di sopravvivenza?
La situazione della popolazione meridionale, in particolare, come si vedrà successivamente, sarà resa ancora più dura e penosa dalle velleitarie e spesso errate decisioni del nuovo governo italico, alle prese con un forte debito pubblico ereditato dalle gestioni fallimentari dagli stati annessi. Quindi parlare di una questione meridionale significa anche riesaminare la situazione di generalizzato compromesso che prevalse tra la classe intellettuale meridionale, e con la quale si preferì chiudere gli occhi sulla forte disparità economica esistente tra il potere economico di pochi proprietari e la maggioranza della popolazione costretta a forme di drammatica sopravvivenza; condizione sine qua non per un’operazione unitaria che, troverà ben presto grandi ed insormontabili ostacoli allo sviluppo.
Sintomi di rivoluzione vera e coerente con un programma di rinnovamento era nelle intenzioni dell’Eroe dei due Mondi che, però, fu ripetutamente combattuto e mortificato allorchè le sue azioni ed i suoi programmi diventarono “troppo radicali” per un’epoca ed una società “troppo vocata” alla moderazione ed al compromesso.
Fonti
Per i dati su Consiglio e Giunta: Archivio storico del Comune di Andria