Il racconto della domenica

San Riccardo e quel braccio alzato

Vincenzo D'Avanzo
San RiccardoSan Riccardo
Se i normanni hanno il merito storico di aver formato la "città" di Andria racchiudendo dentro le mura i diversi casali esistenti sin da prima dell’anno mille, al santo patrono va il merito di aver “creato” il popolo andriese
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Tutta la Storia è intrisa di tanta leggenda e di pochi documenti. Voler anticipare la data della nascita della nostra città sa tanto di concorrenza con le città vicine a cominciare da Canosa e Barletta che erano comunque prima di noi. Questa rivalità ha segnato i secoli e perdura ancora oggi. Ce lo racconta bene il dipinto nel cappellone di san Riccardo della nostra cattedrale. Si vedono i tre santi protettori di Andria (San Riccardo) di Canosa (San Sabino) e di Barletta (san Ruggero) che si incamminano in pellegrinaggio verso il santuario di san Michele sul Gargano. Buon esempio di fratellanza? Certo, ma c’è un piccolo problema: i tre santi sono vissuti in epoche completamente diverse. Solo nella mente dell’artista (forte della innata capacità di sognare) potevano essere messi insieme per dimostrare ai tre popoli che si poteva marciare insieme nella stessa direzione.

In effetti si potrebbe parlare di popolazioni omogenee, oggi si parlerebbe di una città diffusa se comprendessimo anche Corato e Trani che hanno insieme i due terzi della popolazione di Bari. Niente da fare. La rivalità continua ancora oggi non solo a livelli calcistici ma anche politici e organizzativi.  Di questa rivalità parleremo in altra occasione. Ora ci soffermiamo sull’opera di san Riccardo che, essendosi formato alla luce della regola benedettina, incentrò la sua predicazione proprio sul lavoro e la preghiera. Ma se sulla preghiera la sua predicazione ebbe pieno successo, favorita dai miracoli che quel santo vescovo ebbe ad ottenere dal buon Dio nei quarant’anni circa di episcopato,  più difficoltà ebbe sul piano sociale (il lavoro). Le molteplici dominazioni straniere avevano formato un popolo di sudditi e non di liberi cittadini. La libertà vera è tale solo se coniugata con la proprietà. Di qui lo sforzo di Riccardo che, predicando il distacco dai beni terreni voleva innovare la società, portando i pochi proprietari terrieri a distribuirli al popolo. Era un tema centrale in quel periodo (e ancora oggi). Il susseguirsi delle dominazioni straniere aveva portato a concentrare la ricchezza nelle mani di pochi (ivi compresi gli istituti ecclesiastici) perché così era più facile riscuotere le tasse. Ecco l’aggettivo “Fidelis” che Federico avrebbe attribuito alla nostra città in un momento di difficoltà con il Papa. Federico mandò in avanscoperta il suo consigliere  Pier delle Vigne per promettere agli andriesi la terra ivi compresi gli sgravi fiscali. Oggi parleremmo di sanzioni nei confronti del Papa che lo aveva scomunicato. Diceva il prof. Schiavone che il “fidelis” dei romani era il servo abituato ad obbedire sempre. Non fu un atto di libertà quello andriese ma la scelta tra la Chiesa e l’impero, tra due padroni. Vinse Federico perché gli andriesi furono allettati dal “reddito minimo” che l’imperatore prometteva. Ma anche allora l’operazione fallì perché era una promessa elettorale che non risolveva i problemi della società: il lavoro.

In questo contesto si innestò la predicazione del nostro Patrono arrivato ad Andria dopo la delusione federiciana.  Bisognerebbe rileggere l’alta omelia di mons. Lanave alla festa di san Riccardo del 15 settembre del 1985: “il lavoro fa l’uomo”, produce risorse, fonda economicamente la famiglia e la società. Una omelia che impressionò molto il vostro narratore che l’anno successivo la pose a fondamento delle sue dichiarazioni programmatiche e spiega il perché di tante opere pubbliche di quel periodo. Il carattere distintivo degli andriesi, secondo  la predicazione di san Riccardo, doveva essere quello di vedersi in funzione degli altri. È il prof. Girolamo Fuzio a sancire questa come una virtù innata del popolo andriese. Le lotte per il potere, gli antagonismi stracittadini restino appannaggio degli altri. E anche quando questi fenomeni negativi si presentano in Andria riguardano i vertici non il popolo.

A san Riccardo riusciva facile perché alla base della sua predicazione c’era la sua testimonianza di vita che il buon Dio confermava con i tanti miracoli. C’era soprattutto lo sforzo che egli mise nella preparazione di una nuova classe sacerdotale distaccata dal mondo e attenta ai bisogni della gente. E i miracoli allora ci furono in tutte le dimensioni.

Ce li racconta la piastrella maiolicata di piazza Casalino con la descrizione di due miracoli (guarigione del cieco e la donazione della salute a una donna): i due miracoli li ottennero due forestieri ospiti di due sanatori  (creati apposta per i passanti) nei pressi dell’attuale chiesa di Porta santa: di qui la diceria che sand Rccard è amand d l frstirr. Amand non è dispregiativo ma la considerazione che l’andriese si fa carico del bisogno altrui: il lavoro della caritas verso gli stranieri e di “senza sbarre” verso gli esclusi dalla società per parlare di oggi. Combinata questa con l’immagine di via Marulli dove san Riccardo è attorniato da uomini vestiti di un saio abbiamo la dimostrazione dell’ora et labora di benedettina memoria che era il fulcro della vita del nostro Patrono. Un patrono molto sollecito verso gli andriesi nella storia, come nel 1741 quando ottiene da Dio, dopo una novena del popolo, un forte vento che caccia via le nuvole di cavallette che minacciavano di distruggere il nostro raccolto: la stele ora posizionata a ridosso della cattedrale ne è la testimonianza. Gli andriesi capirono e lo venerarono sin da subito patrono della città.

Per questo gli andriesi ogni anno hanno aspettato settembre e i primi raccolti (mandorle e uva) per festeggiarlo degnamente. Non c’è altra ragione per giustificare la festa a settembre. Chi non ricorda i vestiti nuovi che si facevano per la festa rendendo contenti i sarti, la carne che arrivava anche sulle tavole dei poveri rendendo felici i macellai, anche di contrabbando, le luminarie per tutto il centro cittadino (la stupenda galleria di luci su corso Cavour), le grandi orchestre di piazza catuma, piazza Imbriani, largo cappuccini; i fuochi artificiali che si svolgevano a gara per tutti i 4 o 5 giorni della festa, i u mizz pizz obbligatorio per tutti seduti al tavolino. Erano orgogliosi di gareggiare con gli altri comuni a rendere grande la festa del patrono con offerte che tutti contribuivano a versare: esercizi commerciali, attività economiche e privati cittadini. Era la loro festa. Non la festa del comune e nemmeno del clero. Era la festa di un popolo che continuava a dire grazie al suo protettore. Una festa che ogni anno rievocava la grandezza del loro santo protettore e ne ricordava l’esempio nella vita pratica. Una festa che univa la popolazione riportando le famiglie a mangiare insieme, riportando in Andria gli emigranti che prendevano le ferie “p sand Rccard”, consolidando i nuovi amori attorno a “u tavloin i u mizz pizz” perché tutti ne fossero a conoscenza. Lo stare insieme del popolo andriese, l’incontrarsi lungo il corso, ascoltare la musica classica nelle piazze citate dove sotto le orchestre i contadini cantavano le arie più celebri delle grandi opere liriche, creavano la comunità.

Roba antica? Oggi si fa diversamente. Tutte rispettabili le opinioni. Io dico che un popolo è la sua storia. Anche una festa può servire a indicarne la direzione. Fu questo il sentimento che popolo e vescovo vollero trasferire nella nuova statua. Un giorno mons. Lanave mi chiama per regalarmi un bassorilievo della Madonna dei Miracoli realizzato con la creta usata per forgiare la nuova statua. Io lo ringraziai e chiesi un’altra copia per il comune. Mi disse con non l’aveva però, aggiunse, ho fatto qualcosa di più: ho messo anche il municipio insieme alla cattedrale sul Vangelo che san Riccardo regge con la mano sinistra mentre la destra è alzata a benedire.  Quel braccio alzato: la generosità di san Riccardo verso il popolo andriese. La benedizione, però, giova solo a chi opera per meritarla.

Buona festa a tutti.

domenica 18 Settembre 2022

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avast
avast
1 anno fa

Grazie per gli stimoli a riguardare e recuperare le nostre radici storiche senza le quali non cresciamo come comunità.

Michele Martinelli
Michele Martinelli
1 anno fa

Sempre puntuali e complete le descrizioni di Vincenzo D’Avanzo quando devono parlare della Storia di Andria e mettere anche bene quello che ha fatto Mons LANAVE x Andria . Saluti

Venanzio
Venanzio
1 anno fa

Grazie Vincenzo.