Cultura

“Divinità nella storia, Dio nella vita”, Nicola Montereale presenta il suo libro all’Unitre

La Redazione
Non è questo un libro di teologia -e non vuole in alcun modo esserlo- ma è un percorso, intriso di filosofia e letteratura...
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Sarà presentato lunedì 10 dicembre, nella sede Unitre di via Firenze ad Andria, il libro “Divinità nella storia, Dio nella vita” del giovane 24enne andriese Nicola Montereale.

«Sono contento di essere per la prima volta in questa università che, con tutti i suoi corsi e i suoi corsisti, mi danno la possibilità di prendere coscienza che la cultura non va in pensione, il sapere non è relegato ai primi vent’anni di vita, l’aggiornamento non si esaurisce con l’occupazione e i libri – per dirla con il noto psicanalista italiano Massimo Recalcati – non sono muri da innalzare, ma mari da attraversare nelle diverse spiagge della vita; non sono erbari di parole, ma corpo che non solo commuove ma muove la presenza del lettore, ben consapevoli che i libri veri non sono quelli che leggiamo ma quelli che ci leggono. Io sono contento di entrare in punta di piedi in questa università per presentare il mio testo e di vedere come in questo luogo la cultura è quel terreno che continua ad essere coltivato con il cuore anche quando le forze vengono meno».

Il fine del saggio “Divinità nella storia, Dio nella vita” è quello intraprendere un cammino serio di ricerca per ritornare a riflettere sulle domande ultime della vita: Perché esisto? La mia esistenza ha un senso o è solo un vagare insensato verso una morte certa? Dopo la vita c’è la vita? E via discorrendo…. Il termine “ultimo” nel linguaggio filosofico non esprime ciò che viene dopo cronologicamente, ma ciò che è sostanziale ed essenziale, cioè ciò che sta a fondamento e che dà significato e senso all’esistenza.

Non è questo un libro di teologia -e non vuole in alcun modo esserlo- ma è un percorso, intriso di filosofia e letteratura (antica, contemporanea e biblica e non solo), che dà la possibilità al lettore di lasciare per un momento la valle della sua quotidianità e salire su quei “sentieri d’altura”, capaci di dire qualcosa in più della storia e della vita. Ed è proprio nella cultura e grazie alla cultura che l’uomo si ferma a pensare, rimane in silenzio, facendo parlare i testi e gli autori, e scorge la bellezza che la vita gli offre, bellezza che purtroppo, nella frenesia della consuetudine, rimane troppo spesso adombrata e sporcata.

Una ricerca diventa profonda e coerente, pulita ed alta, quando al caos della quotidianità subentra la solitudine attiva della cultura, quella cultura che però sa essere seria, che sa tornare alle origini senza dimenticare la contemporaneità, che non è deserto di superficialità, di amoralità, di relativismo, di secolarismo banale o anche di religiosità devozionale senza colore e senza sapore, ma cenacolo di provocazioni, di riflessioni e di dialogo in cui possa crescere lo stelo delle domande e sbocciare la corolla delle risposte.La cultura, infatti, non deve servire – come scriveva Montaigne nei suoi “Saggi” – ad arredare la mente dell’uomo, bensì a inserire in essa giudizio e virtù. E il libro deve essere sempre un “bene transazionale”, cioè deve trasmettere qualcosa, deve non solo informare ma anche formare la coscienza dell’uomo.

Solo così è possibile elevarsi e mettersi alla ricerca di Dio, dell’Altro, altro per andare oltre.“Divinità nella Storia, Dio nella Vita” (euro 12, pp. 108) ha come protagonisti i non credenti, quegli atei seri dinanzi alle parole e agli scritti dei quali si scorge in essi una fede “sub velata”, sotto i veli o quello che Rudolf Otto chiamava il “numinoso”, presente in ogni uomo.

Alcune si sono spinti oltre e hanno cercato anche di smuovere e svegliare le coscienze dei cristiani stessi, attaccati spesso più alla forma della loro fede che alla sostanza e incapaci di cogliere Dio là dove Egli si svela: nella bellezza e grandezza dell’uomo.

Al tema di Dio si affiancano altri innumerevoli ambiti, che non partono solo in maniera verticale, dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso – dove Dio e la creatura umana, teologia e antropologia s’incontrano – ma anche in maniera orizzontale, quindi dall’uomo all’uomo.

Ciascun capitolo contiene spunti di riflessione che spaziano attraverso tutti i campi del sapere umano: da Corazzini a Turoldo, da Seneca a Callimaco, da Feuerbach a Lucio Fontana, dal dialogo su fede e scienza a Beckett, fino a una riflessione sulla “non presenza” di Dio nei campi di sterminio nazisti.

Sul piano metodologico, si è scelto l’uso assiduo della citazione per mettere ancor di più in risalto le parole degli autori e permettere al lettore di confrontarsi direttamente con il testo e idealmente con l’autore stesso, per poi giungere a confrontarsi con se stesso e la propria coscienza.

Mi auguro che questo saggio aiuti quanti avranno la buona volontà di leggerlo a sperare in Qualcuno che ci precede e ci eccede e a ricercare sempre quella verità vera per giungere alla sapienza, che “alla fine – come scriveva il saggista francese Roland Barthes – è nessun potere; un po’ di sapere e di intelligenza ma quanto più sapore”.

sabato 8 Dicembre 2018

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