Cultura

Per tre amori pugnammo e soffriamo: Dio, Patria e Famiglia

Vincenzo D'Avanzo
Il racconto su Girolamo Fuzio in occasione della giornata delle Forze Armate
scrivi un commento 19694

Per decenni chi attraversava piazza Catuma non poteva non lanciare uno sguardo a quella palazzina liberty incastrata tra la cattedrale e il palazzo ducale e leggere quella militaresca scritta: per tre amori pugnammo: Dio, Patria e famiglia. Qualcuno sorrideva nel mentre la cosiddetta civiltà moderna cercava di accantonare quelle parole per le quali uomini idealisti avevano combattuto e tanti erano anche morti. Questa verità storica spegneva quel sorriso per lanciare un pensiero a coloro che avevano combattuto perché ci avevano creduto. E il pensiero andava puntualmente a colui che l’associazione (ex)combattenti ha diretto fino al giorno della morte nel 1987: Girolamo Fuzio, che quella scritta volle.

Per intere generazioni di studenti è stato “tatdd”. Per chi non mastica il dialetto antico “tataie” era il padre, tatdd era il nonno o il fratello maggiore: il saggio, la guida, il sostituto del padre. Con la disinvoltura tutta giovanile il preside era diventato familiare proprio con quell’appellativo che veniva pronunciato anche con ironia ma nascondeva sotto rispetto e perfino affezione.

Roberto si era iscritto tardi al liceo: si presentò titubante, incerto per il ritardo, ma tatdd lo accolse come un figlio. Lo tenne a colloquio per lunghi minuti per capire quali fossero i problemi che rendevano complicata in quel momento la sua vita. Poi lo destinò alla sezione prevalentemente femminile: lì sarai accolto meglio. Si stabilì un rapporto confidenziale tra i due che andò scemando tuttavia negli anni successivi al conseguimento del diploma. Roberto non ne parlava quasi più, salvo quando incontrava i compagni di scuola: ricordare quegli anni significava ricordare Tatdd. Però non l’aveva dimenticato il preside. Infatti all’improvviso nel 1976 Roberto se lo vide davanti alla porta di casa. Preside! Esclamò sorpreso. Ma Girolamo non gli badò e dopo essere entrato nella casa disse: disturbo? Prese una sedia e si sedette proprio mentre arrivava la madre di Roberto dicendo al figlio: fai accomodare il signor preside. Il tempo per i saluti, le informazioni sulla vita e il preside va subito al sodo:

Senti, Roberto, ho avuto una telefonata dal Presidente Moro che mi ha chiesto di entrare in lista. Io non ho potuto dirgli di no. Ed eccomi qui, mi dai una mano?

Il 1976 era un anno difficile per la dc: l’anno precedente alle europee il PCI aveva tentato il sorpasso: un evento che doveva essere assolutamente scongiurato per le politiche che si celebravano quell’anno. Per il collegio barese Moro curò personalmente la lista chiamando a raccolta imprenditori, uomini della cultura, professionisti. Il preside Fuzio fu destinatario di una di queste telefonate non solo per la prova di valore dimostrato durante la seconda guerra mondiale ma anche per le antiche battaglie sostenute nell’immediato dopoguerra come presidente dell’Azione cattolica e come attivista della dc del giovane Moro. Il fatto che Moro si fosse ricordato di lui lo riempì di orgoglio, si sentì onorato tanto da rispondere subito “presente” da vecchio commilitone, Conosceva le sue forze e quindi era cosciente che non sarebbe stato eletto. Ma per lui l’importante era combattere, il risultato era nelle mani di Dio. Anche Roberto non se la sentì di dire di no e si mise a disposizione. Altri ci guadagnarono in quella campagna elettorale. Roberto capì invece che a lui toccava rimetterci quando si rese conto che il candidato Fuzio non era in grado nemmeno di aprire un comitato elettorale. Non volle utilizzare nemmeno la sede dell’associazione. Però girava con una serie di foglietti sgualciti dove erano segnati i nomi e gli indirizzi di tutti i suoi alunni. Era su quelli che egli contava. Quando Roberto si permise di chiedergli: ma i membri dell’associazione non li coinvolgi? Direttamente no, rispose, ma essi mi conoscono pertanto ognuno farà il suo dovere in coscienza. Tuttavia Roberto fu contento di andare in giro con un uomo stimato che ovunque otteneva il rispetto dovuto a un combattente vero.

Un giorno il preside chiese a Roberto di accompagnarlo a Minervino dove egli visitò tutte le case dei suoi alunni accolto sempre con grande cortesia, molto spesso dalle mamme dei suoi studenti alle quali lasciava sempre lo stesso messaggio: avvisa tuo figlio che io sono candidato nella lista della democrazia cristiana: se ha un buon ricordo di me sa cosa deve fare. Molto spesso le signore rispondevano: lo riferirò senz’altro, però io e mio marito il voto lo diamo. E Girolamo ringraziava con simpatia.

Questi viaggi elettorali offrirono a Roberto la possibilità di conoscere bene il suo non più giovane preside, intessendo con lui un dialogo cordiale e rispettoso. Dialogo è un modo di dire perché quelli di Fuzio si trasformarono subito in lunghi monologhi.

Della guerra parlò a lungo, racconto del reggimento granatieri (il più decorato) al quale fu prima destinato e poi nella divisione “Brescia” a Tobruk e quindi in Italia: su tutti i campi di battaglia si era distinto ricevendo meritate onorificenze. Raccontò della vita dura sui campi di battaglia, delle incertezze della catena di comando, dei morti inutili a causa deu capricci dei comandanti. Finita la guerra chiamò a raccolta tutti gli ex combattenti sopravvissuti dando ad essi due obiettivi: onorare i morti e aiutare i reduci. Dio, Patria e famiglia non erano generici valori ma grandi amori. Il narratore può certificare che per questi due obiettivi egli fu in prima fila sempre fino all’ultimo giorno della sua vita.

Roberto poi gli chiese il perché di quel soprannome tatdd, se lo seccava sentirsi chiamato a quel modo:

No, rispose, i giovani non lo sanno: loro lo pronunciano sottovoce e ridono di nascosto, non sanno che a me fa molto piacere. Essere considerato non il padre autorevole o autoritario, ma il fratello maggiore che aiuta discretamente i più piccoli. E ti dirò che è una grande soddisfazione: quando penso alle centinaia di ragazzi con i quali sono venuto in contatto: oso sperare in ognuno ho lasciato un segno indelebile e per un uomo della scuola è il massimo.

Preside, chiese Roberto, quello che non capisco è il suo impegno in politica, sinceramente da lei non me l’aspettavo.

E perché? L’impegno nella politica è un dovere se lo si fa con spirito di servizio. Io ho dato una mano generosa dopo la guerra all’affermazione dei valori cristiani, fare politica era un modo per provare a metterli in pratica. Io ci ho provato. Mi hanno qualche volta emarginato perché ero inflessibile sui principi: il mio carattere non tollerava i compromessi, questo spiega perché tante volte non ho partecipato ai consigli comunali quando c’erano argomenti sui quali avevo perplessità e sui quali non potevo votare contro per disciplina di partito.

Camminando per Andria dove posso trovare le testimonianze del suo passaggio?

Quando ero assessore alla pubblica istruzione all’inizio degli anni cinquanta badai molto a creare gli ambienti adatti perché i ragazzi potessero studiare tranquillamente: l’edificio della Vittoria (lo si capisce dal nome) fu la mia prima realizzazione per accogliere i bambini della periferia. Molte altre scuole furono messe in cantiere che poi si realizzeranno negli anni successivi. E poi con l’associazione abbiamo realizzato il dono delle campane al santuario del ss. Salvatore, senza parlare delle facilitazioni ottenute dal comune per gli ex combattenti a cominciare dall’abbonamento gratuito per i mezzi pubblici.

Preside, siete soddisfatto della vostra vita?

Sicuramente ho avuto tante soddisfazioni sia in famiglia che in società. Ma non è finita, ho ancora tre grandi imprese da realizzare: un grande monumento a san Francesco, l’iscrizione del nome dei trecento morti della seconda guerra mondiale sulle pareti esterne del Monumento ai caduti e, infine un monumento alla Mamma a piazza Marconi. Facciamo monumenti a tutti però a colei che ci da la vita nessuno pensa. Sono le mamme che reggono il mondo.

Ha ragione, preside, ce ne fossero tante persone come lei.

Ce ne sono, ce ne sono, anche se non tutte raggiungono la ribalta pubblica. Sai cosa ho scritto su un libro dedicato ai miei figli? Seguite l’esempio del popolo andriese “per il suo carattere decisamente sicuro, lealmente fedele, tenacemente laborioso, desideroso più di giustizia che di stima per dover perseguire la verità scritta sopra l’orizzonte della vita”.

Era il suo atto d’amore verso la città.

Nota del narratore: Il preside Fuzio riuscì a realizzare il monumento a san Francesco nella piazza antistante la chiesa di santa Maria vetere inaugurato dal sindaco il giorno di san Francesco del 1986. L’iscrizione dei trecento nomi sul monumento ai caduti fu realizzata l’anno successivo e inaugurata il 4 novembre 1987, con l’intervento della vedova, dal sindaco che in onore al preside si rifiutò di mettere il suo nome sotto la lapide. Il terzo desiderio non è stato realizzato. Potrebbe essere una idea per la politica di oggi: il monumento alla mamma. Chi cancellò il motto sulla facciata della palazzina liberty non aveva studiato la Storia: primo perché di essa non si cancella niente, secondo perché di quei valori (Dio Patria e famiglia) abbiamo estremo bisogno anche oggi.

domenica 5 Novembre 2017

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Fuzio Federica
Fuzio Federica
6 anni fa

Buongiorno sono la più piccola dei figli, Federica. Ringrazio chi ancora oggi ricorda il mio grande babbo, come era chiamato da noi figli. Pochi portano nel cuore mio padre per tutto quello che ha fatto in silenzio per la sua città acquisita. Molto ha donato anche ai suoi cittadini, ma ancora oggi dopo più di 30 anni dalla sua morte non solo il monumento alla mamma non è stato realizzato , tanto meno una piazza o strada è stata pensata per lui come uomo di cultura che ha arricchito Andria. Tante amministrazioni sono passate, tanti riconoscimenti dati ad altri cittadini , ma pare che solo pochi possono portarlo nel cuore per il bene che ha fatto a molti. Ringrazio chi racconta di lui e della mia mamma , perché insieme nel loro esempio di valori e grande umiltà arricchisce me ancora oggi.

Sabino Cannone
Sabino Cannone
6 anni fa

Finalmente si torna a parlare dei principi fondanti di uno Stato-nazione: ” Dio, Patrie e Famiglia”. Principi a cui l'ideologia marxista-leninista c.d. comunista (programmata e pagata dall'èlite bancaria sionista, fonte Carroll Quigley prof. università Princetown, Harvard, Georgetown), vogliono distruggere e cancellare per portare i popoli in una condizione di collettività: tutti schiavi e pochi padroni. Infatti le modalità di cancellazione di questi sacri principi sono scritti nei 25 punti di A.M Rothschild ( uno dei padri padroni di tutte le banche centrali del mondo). Chi ha tolto quelle parole da Piazza Catuma è solo un cialtrone. “Coloro che non ricordano il passato èsono condannati a ripeterlo.” G. Santoyana. Grazie alla redazione e alla Sig.ra Fuzio.

Federica Fuzio
Federica Fuzio
6 anni fa

Buongiorno e grazie per i vostri commenti. Con grande umiltà come mi é stato insegnato, posso solo dire che chi ne ha ricordo non dimentica. Per conoscere, bisogna avere delle tracce di chi ha solcato con i suoi passi la città arricchendola non solo di valori ,ma con grandi esempi. Solo con delle tracce si può ricostruire la storia. L‘esempio è dato dal ragazzo di 29 anni che non conosceva la storia di mio padre. Non è una questione di apparire ma di ESSERE nella sua vera sostanza,a cui chi vuole aderire può prendere esempio. Il tutto passa dalla conoscenza della storia di un semplice uomo di cultura che ha creduto in valori come il timor di Dio, l’essere servitore della patria, prima in guerra e poi verso Andria e non per ultimo il valore della famiglia dedicandosi con amore.

Federica Fuzio
Federica Fuzio
6 anni fa

Per questo motivo rispondo, denunciando con amarezza il non operato di tanti che a distanza di 30 dalla morte di Girolamo Fuzio, non hanno reso visibile il suo operato,anche intitolando una via o una piazza. Questo avrebbe potuto sollecitare, per le nuove generazioni di Andria la curiosità di conoscere chi li aveva preceduti. Un uomo che credeva in uno stato libero, democratico, equo basato sul rispetto dell’essere umano, stando sempre dalla parte del più debole con dedizione vera. Grazie a chi ne ha ricordo Federica

bruno Lorenzo
bruno Lorenzo
6 anni fa

la mia vuol essere solo una piccola riflessione in margine. Conservo nella bibbia un foglietto scritto e stampato dai cappellani militari durante la 1' guerra mondiale (stigmatizzata dal papa) in cui si tira sempre in ballo Dio e il proprio dovere (facile indovinare qual'era). Ma anche dall'altra parte si tirava Dio in propria difesa. Come non andare al “Dio lo vuole” che risuonava da una parte e dall'altra dei campi di battaglia. Per favore smettiamo di nominare Dio invano, difensore delle nostre armi e consideriamo se non siamo noi che quando prendiamo le armi mostriamo di essergli infedeli. Il 96 per cento dei militari durante l'ultima guerra si professava cristiano. Come praticamente il 100 per cento di coloro che andavano a massacrare gli africani, compresi chi li mandava,

Sabino Cannone
Sabino Cannone
6 anni fa

Sig.Bruno, i valori di Dio Patria e Famiglia connotano il riconoscimento di una nazione-stato con la sua cultura, storia, lingua, tradizioni,… di migliaia di anni. Con l'UE tutto ciò sparirà in un lontano ricordo, veda piano Kalergi Codenhove Richard del meticciato, finanziato dal banchiere ebreo Warburg, ogni anno viene assegnato un premio a tale missione il Carlo Magno per i leader che si prodigano di più per l'integrazione europea, l'anno scorso l'hanno assegnato al Papa Francesco. L'antropologa Ida Magli definì “la cultura dell'accoglienza è il metodo più veloce per l'estinzione di un popolo”. . Per quanto riguarda i militari cristiani che massacravano gli africani il sig. Bruno deve aver attinto a fonti ufficiali, ce ne dia solo uno.Quella targa deve tornare al suo posto.