Cultura

​Il pastorale e lo stemma

Vincenzo D'Avanzo
La storia di Pinuccio nato in una famiglia povera e rimasto orfano all'età di tre anni
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Giù a Fravina Pinuccio era tutto il giorno in mezzo alla strada. Il padre contadino era costretto ad andare tutti in campagna e la madre era morta quando aveva tre anni. I medici lo avevano marchiato subito: è handicappato. In effetti Nicolino evidenziava una qualche ritardo mentale. Ma chi può dire se si trattava di una tara ereditaria o di un deficit acquisito in virtù di una situazione familiare e ambientale non certo facile? Quante volte la scuola marchia bambini solo perché mancanti di mezzi espressivi? Può capitare che una mamma muoia avendo figli piccoli. La società si è strutturata nel tempo nobilitando il ruolo della famiglia a protezione dell’individuo. Pinuccio era nato in una famiglia povera e quando perdette il sorriso della mamma nessuno poté sostituirla. Il padre si occupò di lui con una generosità senza pari quando era piccolo, aiutato in qualche modo dalle donne del vicinato che si prestavano a tenere il ragazzo in sua assenza. Si pensava fosse un sollievo l’approssimarsi della sua scolarizzazione, ma dopo qualche mese in una classe con oltre trenta alunni e marchiato anche da quel timbro malevolo di “handicappato” il bambino non volle andare più a scuola perché non riusciva a seguire le lezioni e gli altri bambini non volevano giocare con lui.

Il padre quando finiva di lavorare non lo lasciava mai: se lo portava insieme ovunque andasse, cercava di vestirlo dignitosamente, ma nulla poteva fare di più. Pinuccio ormai era diventato grandicello avendo superato il sedicesimo anno di età. Le donne del vicinato, che pure lo aiutavano in tutti i modi, non erano più disponibili a trattenerlo in casa soprattutto se avevano figlie femmine. Motivo per il quale il ragazzo si aggirava sempre tra quei vicoli del centro come uno sbandato, spesso deriso e a volte insultato, il che determinava in lui reazioni violente. Non è bello sentirsi chiamare “lo scemo”. Il padre a un certo momento aveva pensato a un istituto, ma era difficile trovarne uno che potesse ospitarlo a quella età, soprattutto perché egli non voleva privarsene. Pinuccio per lui era tutto. Cominciò allora a bussare al calzolaio, al barbiere, al biciclettaio: tutti dichiaravano la disponibilità ad accoglierlo, ma, per paura che si facesse o facesse del male, lo tenevano per lo più seduto a una sedia: il che era di una noia mortale per Pinuccio, che cominciava intanto a prendere coscienza della sua diversità rispetto ai coetanei.

Un giorno il padre ne parla con il parroco, il quale, mortificato, suggerì a quel genitore coraggioso una scuola di avviamento professionale. Ma nan soip fè nnd, disse il padre mortificato. Vai giù alle spalle dell’Oberdan: lì c’è una scuola che insegna i mestieri. Chiamo io il direttore, che conosco bene, e vedrai che se lo prenderà. Così fece. Chiamò il direttore e gli accennò il problema. Il direttore non capì molto ma diede la disponibilità a ricevere il padre, cosa che avvenne il giorno dopo. Il padre andò da solo per non turbare il figlio in caso di rifiuto. La delicatezza di un padre è a volte superiore a quella della madre: quella dell’uomo è più difficile perché fatta solo di gesti, quella della madre è più facile perché si accompagna alle parole.

Il direttore ascoltò quel genitore e ne comprese il dramma: era il 1974 e il direttore si era appena sposato, pertanto era particolarmente sensibile a queste problematiche. In quella scuola c’erano tre corsi: uno di meccanica, uno di elettricista e uno di falegnameria. I primi due risultarono subito pericolosi. Restava la falegnameria: il padre supplicò il maestro di prenderselo: fall’assoit, almein tramend. Il maestro falegname Mariano fu chiaro: nel mio laboratorio nessuno deve stare a guardare. Sembrava una sconfitta per quel povero padre. Ma il direttore guardò negli occhi u mest, che a sua volta guardò negli occhi u drttour. Tutti e due aprirono la bocca contemporaneamente: domani fallo venire, dissero in coro.

Il padre accennò a un sorriso incredulo, salutò e andò via. Il giorno dopo si presentò con Pinuccio e lo portò direttamente in laboratorio. Gli altri ragazzi stavano seguendo una lezione di italiano. Mariano approfittò per chiacchierare con il ragazzo poi gli chiese di aiutarlo a scegliere nel tino degli scarti pezzetti di legno di diverse sfumature di colore. Al rientro degli altri ragazzi in laboratorio Mariano fece accomodare tutti al proprio banco di lavoro invitandoli a riprendere gli intarsi iniziati il giorno precedente. A Pinuccio il compito di distribuire i pezzettini di legno. Vederlo sfarfallare da un banco all’altro fu uno spettacolo emozionante: finalmente Nicolino sorrideva felice. Il giorno dopo chiese di avere anche lui il posto di lavoro e, aiutato dagli altri, cominciò anche lui a creare il suo quadro. Ogni volta che tornava il padre a prenderlo egli aveva tanto da raccontare. Fino a quando i compagni si offrirono di accompagnarlo a casa e lui era felice di rincasare con i coetanei ridendo e scherzando. Ma il momento della gioia vera fu quando portò a casa il primo quadro da lui realizzato. Il padre convocò tutti i vicini perché apprezzassero l’impresa del figlio, che a tutti ripeteva: u so fatt ioie. Intanto la storia di Pinuccio si diffondeva e cominciarono ad arrivare altre iscrizioni per l’anno successivo. Il direttore a quel punto si attivò presso il suo ente e presso la regione Puglia perché fosse realizzato un corso professionale per portatori di handicap. Quello fu il primo nella intera regione: nasceva la formazione professionale per handicappati e fu un bel risultato per Andria. (Qualche anno dopo sarà lo stesso Direttore a collaborare con Padre Nicola di Quarto di Palo per la istituzione di corsi professionali per ultradiciottenni e non pochi ragazzi riuscirono a inserirsi nel mondo del lavoro).

Travolti dall’entusiasmo oltre all’intarsio l’anno successivo il maestro Mariano volle sperimentare anche il rintaglio e persino la costruzione di mobili semplici. La formazione si completava con l’insegnamento dell’italiano e altre nozioni utili. Per la fine dell’anno il direttore chiese al maestro Mariano se era il caso di preparare una mostra dei manufatti, considerata la loro bellezza sia pure artigianale. Saputa la notizia tutti i ragazzi si diedero da fare e siccome il direttore aveva promesso di invitare il vescovo i ragazzi con il maestro decisero di preparare un pastorale di legno. Mons. Lanave accolse subito l’invito e alla inaugurazione della mostra passò in rassegna gli intarsi e i bassorilievi dei ragazzi e alla fine trovò la sorpresa: il pastorale. Il vescovo si emozionò e assicurò che lo avrebbe usato: pochi giorni dopo, il 9 giugno Mons. Lanave utilizzò quel pastorale per il pontificale del santo patrono e ripetette il gesto anche a settembre e in altre occasioni, dando disposizione che quel pastorale facesse bella mostra di se in mezzo a candelieri d’argento, pastorali ecc. Il 9 giugno i ragazzi erano tutti in prima fila in cattedrale. Pinuccio faceva il cerimoniere di sala per i compagni.

Intanto fu eletto Papa Giovanni Paolo II. L’entusiasmo verso questo Papa contagiò anche i ragazzi portatori di handicap. Un giorno nel laboratorio il direttore vide che due ragazzi stavano realizzando lo stemma di Andria su legno. Era bellissimo. Fu allora che lanciò l’idea: lo portiamo al papa? I due ragazzi dissero che non se ne parlava proprio, questo è nostro. Infatti dissero che ne avrebbero fatto un altro in modo che ognuno ne avesse uno. Il direttore disse che era giusto. Però, aggiunse, dopo che avete fatto il secondo ne fate un terzo e un quarto: uno per il direttore e l’altro per il Papa. Per quello da dare al direttore non ci furono problemi ( egli lo regalerà al comune perché fosse esposto, quando si accorse che lo avevano abbandonato in qualche ripostiglio riuscì a recuperarlo e ora lo conserva gelosamente nella sua abitazione), per il Papa sorse la difficoltà: tutti i ragazzi volevano collaborare alla realizzazione del quadro per mettere il loro nome nel retro.. Allora Mariano suggerì: facciamo due gruppi, uno lavora allo stemma e l’altro avrebbe realizzato un soggetto sacro.

Intanto tramite mons. Lanave fu chiesta udienza al Papa, che fu subito accordata, con il privilegio di avere i posti assegnati in modo da non fare la coda e avere la possibilità di toccare e parlare con il Papa. Già l’idea di andare a Roma mandò in visibilio i ragazzi, alcuni dei quali non avevano mai preso un pullmann. Ma quando arrivarono a san Pietro vennero i problemi: volevano vedere e toccare tutto. Gli accompagnatori fecero fatica a farli entrare nella Basilica per prendere posto. Ci riuscirono poco prima che si chiudessero le porte di San Pietro. Quando apparve dal fondo della Basilica il papa tutti entrarono in fibrillazione: volevano toccare Giovanni Paolo II. Il Papa passava salutando tutti quelli che si affacciavano sul corridoio libero della navata centrale. Poche parole e un saluto per tutti. Quando arrivò davanti ai ragazzi di Andria si fermò: l’addetto alla sicurezza notò i due omaggi li prese dai ragazzi per darli ai collaboratori. Ma il papa lo fermò, li prese in mano uno alla volta e volle sapere come erano stati fatti, chi erano i ragazzi, dove si trovava Andria. Dieci minuti abbondanti dedicò e volle salutare uno per uno. La basilica affollata in quei momenti scomparve, c’erano li solo loro. I ragazzi si sentirono al centro del mondo.

Dopo l’udienza continuò il giro per Roma, ma i pensieri di tutti erano ancora in san Pietro, del Papa si parlò nei giorni seguenti e forse essi ne parlarono per anni. Pinuccio girava sempre con la foto in mano facendola vedere a chiunque lo incontrasse. Dopo diversi anni il direttore si reca in una falegnameria perché gli servivano due assi di legno. Un operaio si presta subito a procurargli l’occorrente. Quell’operaio preparò i due pezzi, li pulì e li consegnò. Quando il direttore chiese quanto doveva pagare l’operaio sorrise: come non mi avete riconosciuto, disse. Alla risposta negativa l‘operaio si presentò: sono Pinuccio, si ricorda lo stemma che portammo al papa? Si abbracciarono. Sapete perché il personale della scuola viene pagato poco? Perché in più hanno l’abbraccio degli alunni che dura tutta la vita. Il che non giustifica la trascuratezza dello Stato.

domenica 10 Dicembre 2017

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riccardo  nanni
riccardo nanni
6 anni fa

Racconto bellissimo. Non so se inventato o vero . certo che è emozionante specie a chiè via da Andria dal 1953.Per cio'che attiene alla paga per insegnanti credo che è dovuto al fatto che siano troppi