Cultura

Andria, città mariana

Vincenzo D'Avanzo
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Consacrazione della diocesi di Andria al cuore Immacolato di Maria
Il periodo di permanenza di Mons. Francesco Brustia nella nostra comunità
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Quel pomeriggio di giugno del 1957 il cielo ad Andria aveva mostrato la sua faccia migliore. Il sole irradiava la sua luce tanto che nemmeno una nuvola osò comparire all’orizzonte per offuscarlo. Favoriti dal cielo gli andriesi si riversarono in massa su via Trani (così per gli andriesi era e resta corso Cavour). Mons. Francesco Brustia (nato a Barengo -Novara- il 1907) facendo il suo ingresso ad Andria sapeva che al sud il popolo era più “caldo” e quindi più generoso nella manifestazione dei sentimenti. Ma quella immensa folla non era nei suoi pensieri. Non si meravigliò del concerto bandistico o dei vigili in alta uniforme o delle autorità indaffarate. Forse non ascoltava nemmeno le loro parole di saluto attratto com’era dalla moltitudine di visi sofferenti per la fatica ma contenti per il nuovo pastore, dalla vitalità dei giovani e ragazzi che si facevano notare per il loro chiasso. Fece in piedi sull’auto scoperta tutto il corso benedicendo e salutando. Sapeva che ad Andria si era chiusa un’epoca, quella difficile con mons. Pirelli, e toccava a lui aprirne un’altra.

Per essere efficace si rese conto tuttavia che doveva studiare e capire quel popolo che a lui si era rivolto con tanta fiducia. Certo i sacerdoti, le autorità lo istruirono a dovere, ma egli, che veniva dall’esperienza pastorale vissuta tra la gente, sapeva che la strada per entrare nel cuore degli uomini è stretta e per giunta a volte piena di incrostazioni causa prima di quell’infarto che caratterizzò l’ultima fase dell’esperienza di Pirelli, che peraltro la Storia sicuramente rivaluterà. Ed eccolo allora tra la gente: preferiva visitare le parrocchie e quasi sempre si spostava a piedi insieme al suo docile segretario don Luigi Di Tria. Ed eccolo un giorno passare sotto l’arco Picciocco: il suo sguardo accarezzò un delicato affresco della Madonna dei Miracoli (poi, per le cattive condizioni di conservazione, fu coperto dall’attuale quadro su lastra di zinco di Carmine Conversano). Si fermò un attimo per una preghiera e all’improvviso si formò un folto gruppo di persone. Il vescovo prima condivise con tutti la preghiera poi chiese il motivo di quella presenza. Una signora, che si era affacciata dal balconcino, disse che quel quadro era lì perché tutti lo potessero vedere e quindi costretti a una preghiera e poi al mese di maggio si riunivano sotto con le sedie per recitare il Rosario. Il vescovo rimase colpito da questa spiegazione e da quel momento cominciò a girare Andria alla ricerca di queste edicole rimanendo impressionato dalla quantità sparsa in tutta la città dedicate ai vari santi e Crocifissi. Si rese però subito conto che la stragrande maggioranza delle rappresentazioni era dedicata alla Madonna anche se con titoli diversi.

Un giorno attraversando via conte Marulli si trovò ad assistere a uno spettacolo di grande fede: una nonnina con la Corona in mano era seduta sull’uscio di casa, dirimpetto a una edicola incavata sul muro di fronte con un groviglio di immagini. Sul fondo della edicola una immagine della Madonna del Carmine dipinta su lastra di zinco e poi, appoggiati alla rinfusa, quadretti con cornici di legno contenenti immagini dell’Altomare, dell’Addolorata e della Immacolata. Il vescovo chiese il motivo di tante immagini della Madonna tutte insieme. E la nonnina pronta rispose: “per non scontentare nessuna” facendo intendere che per lei si trattava di Madonne diverse. Il Vescovo non disse niente, si congratulò con la vecchina, la benedisse e passò oltre.

L’anno successivo (1958) per la festa della Madonna dell’Altomare si recò in quel santuario per la celebrazione della messa solenne. Fece fatica ad entrare e ad uscire per la quantità di persone presenti. Intrattenendosi dopo la Messa a parlare con i fedeli sentì raccontare una serie di episodi che illustravano la fede degli andriesi e la memoria per le grazie ricevute. Un uomo ebbe a raccontare di come l’anno precedente con una motoretta si scontrò con una macchina. Dall’incidente uscì malconcio al punto che si temette per la vita. Ma egli pregò la Madonna dell’Altomare e recuperò la salute. E portò il vescovo a visionare l’ex voto che raccontava l’episodio. Mons. Brustia dedicò un po’ del suo tempo a visionare tutti gli ex voto. Lo stesso fece andando alla Madonna dei Miracoli.

Davanti a tanta fede del popolo andriese verso la Vergine il vescovo cominciò a pensare a una iniziativa che premiasse questa devozione incondizionata verso la Mamma celeste. Nello stesso anno partì un gruppo di migranti per la Germania. Prima di accompagnarli al treno a Trani don Riccardo Zingaro riunì tutti i migranti con le famiglie nella chiesa di Mater Gratiae, la chiesa dei braccianti, per una preghiera alla Madonna. Il vescovo raccomandò loro di non dimenticare in Germania la loro fiducia in Maria. Ricordandosi, poi, della vecchina, spiegò che la Madonna era una sola e che i vari “titoli” erano solo aggettivi che indicavano le molteplici forme con le quali la Mamma del cielo si era manifestata lungo i secoli. Quello che di più il vostro narratore ricorda fu l’appuntamento alla sera quando la preghiera avrebbe costituito un ponte tra Germania e Andria a protezione dei migranti e delle loro famiglie. Dopo la celebrazione alcuni migranti fecero vedere al vescovo che nei loro miseri portafogli ciascuno aveva una immaginetta della Madonna. Andando via quel giorno parlò a lungo con il suo segretario e poi con altri sacerdoti. A quel punto mons. Brustia maturò l’idea di consacrare Andria e l’intera diocesi alla Madonna. Cosa che avvenne l’anno successivo 1959. La preparazione fu lunga con la statua della Madonna dei Miracoli pellegrina per le parrocchie della diocesi, ma fu premiata dalla straordinaria partecipazione del popolo che gremiva piazza catuma e le strade che immettevano sulla stessa. Un popolo festante rappresentato dai quattro sindaci (Andria, Canosa, Minervino e Montemilone- la diocesi). Andria era rappresentata dal dott. Marano. Come si vede dal filmato allegato a questo racconto, la Chiesa era al gran completo anche con i vescovi originari della diocesi: Mons. Ursi, mons. Minerva e mons. Ruotolo. Quando mons. Brustia recitò la formula di consacrazione della diocesi alla Madonna un uragano di applausi si alzò dalla folla, quasi a sottolineare l’adesione dell’intero popolo diocesano. Nei dieci anni successivi di permanenza ad Andria fu il primo devoto della Madonna e lo evidenziò in tutte le manifestazioni, sempre affascinato da quel popolo che la invocava in tutte le circostanze della vita.

Mons. Brustia morirà il 17 giugno del 1975 nell’episcopio di Mondovì. Già malato, il 27 marzo nella cattedrale di Mondovì durante la messa crismale del giovedi santo ricevette pubblicamente il sacramento l’olio degli infermi. Entrando ad Andria aveva racchiuso il suo programma in due parole: “vogliamoci bene”. Salutando Andria nel 1969 in cattedrale disse: “Non si trascorrono invano 12 anni insieme….. Da parte mia ho tenuto presente che, se il vescovo è capo, maestro, pastore, guida, egli però, sempre e prima di tutto, è padre della famiglia che gli cresce intorno… Ho avuto un desiderio costante: formare una famiglia, prima tra i sacerdoti poi tra il popolo, fondata dai vincoli dell’amore di Cristo e questi vincoli non si spezzano nemmeno ora che mi allontano più di mille chilometri”. Mons, Francesco Fuzio, in rappresentanza della diocesi di Andria, presentandolo a Mondovì parlò di dolore per la partenza e invidia per la sua nuova diocesi. Morendo offrì la sua vita per il popolo di Andria e Mondovì (testamento). Grazie, ancora, eccellenza.

Nella tradizione della settimana santa nella vicina Molfetta protagonista è anche la Madonna Addolorata, che segue da vicino le peripezie del Figlio. Un canto dialettale recita pressappoco così: sul monte c’è una cappella dove Gesù celebrava messa, il Battista la serviva e Maria l’ascoltava piangendo. Alla fine della Messa Gesù chiese alla Mamma perché piangesse e la Mamma rispose: “ perché non devo piangere, gli uomini hanno scambiato la Domenica per lunedi” (la dissacrazione della vita) e il Figlio rispose: “ora andiamo in cielo e faccio un’ora di tempesta”. No, figlio mio, non lo farai, che che anime innocenti sono assai”. In questa ora drammatica per l’umanità sappiamo che in Cielo c’è un Avvocato pronto ad assumere la nostra difesa. Tocca a noi affidarGli l’incarico. “Orsù dunque Avvocata nostra rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi” (Salve Regina). Che la pace sia con tutti noi.

domenica 5 Aprile 2020

(modifica il 2 Agosto 2022, 13:17)

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Gaspare
Gaspare
4 anni fa

Bellissimo video. La nostra storia. Quando il poco rendeva felici.