Cultura

Costruire per costruirsi

La Redazione
Saper fare di sé un realizzatore di realtà dopo i sogni
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«Quando si parla di sogni o di utopie si tende a pensare ad un contenuto astratto non concreto; di fatto chi non ha realizzato qualcosa di grande dopo averlo immaginato e sognato?

Prima di passare al concreto le persone creative allungano lo sguardo su un orizzonte molto lungo. Spesso tale orizzonte rimane una bolla di serenità che ci protegge dalla realtà che non ci piace, una sorta di meccanismo difensivo, ma molte volte diventa il passaggio per cominciare a realizzare e tradurre i sogni in realtà.

Sto circoscrivendo la mia riflessione ad azioni che tendono a produrre un lavoro, ovvero quella tanto citata autorealizzazione lavorativa; c’è chi il lavoro lo cerca e chi lo realizza o magari lo costruisce traducendo un sogno.

Tendiamo a rimuovere il passato quasi fosse ormai incapace di insegnare qualcosa, in realtà però quando per esempio si parla di florido periodo economico troviamo sempre numerose iniziative piccole e grandi, in cui una persona ha costruito e tradotto un sogno in realtà, numerose attività professionali, artigianali, imprenditoriali e di servizio, non si fa riferimento ad altro.

Tanto si accompagnava ad uno stato d’animo collettivo, psicologia collettiva o lettura sociologica, in cui si percepiva il benessere, si viveva e si aveva una traiettoria di successo importante.

Insomma senza occupare spazi che non mi competono, ritorno alla parte psicologica, ci si sentiva capaci, creativi, cognitivamente attivi anche se e soprattutto perché investiti da responsabilità.

E si, perché la responsabilità spesso noi tendiamo a delegarla, ma è il nostro motore di crescita e di ricerca, mai si compiono cose importanti senza esercizio della responsabilità che spesso è individuale prima ancora che collettiva. Pensiamo all’artigiano, lui crea interagendo con il committente. Cosa c’è di più creativo di un progetto da realizzare? Pensate ad un mobile da produrre, da creare nel campo dell’arredamento, ma trasferite pure questo concetto in ambiti diversificati, facendo una vera e propria una generalizzazione del vostro sapere.

Oggi tanti sembrano scoraggiati, e dietro quel “non c’è lavoro” spesso manca proprio la ricerca, e ancor più la forza propulsiva per costruirlo; quindi la rinuncia alla responsabilità, allo sforzo creativo, e alla traduzione cognitiva dei pensieri in azioni.

I coach spesso insegnano ad agire, a trovare energie creative per cambiare e fare, i famosi motivatori, quasi fossero un integratore di motivazione, come quando assumiamo vitamine che mancano.

Quante volte si legge di startup, che identifica una idea di impresa emergente, dietro giovani straformati, che hanno sognato e hanno costruito un proprio progetto, un concetto che restituisce autostima, rinforzo alle proprie capacità, uno stato di benessere che si esplicita nell’agire la responsabilità.

Quindi saper fare da sé crea benessere e ci consente di vivere la vita non solo professionale che abbiamo sognato, una sorta di realizzazione utopica. Le menti creative sono di certo le più complesse, slegate spesso da ogni abitudine e routine, sognano ad occhi aperti, amano osservare tutto, osservano le persone che hanno attorno, si regalano momenti di solitudine, quasi “approfittando” delle difficoltà per creare e lasciarsi ispirare. Sarebbe bello se ognuno imparasse a conoscere come funziona il proprio processo creativo, per poterlo risvegliare quando si assopisce.

Meraviglioso il “Metodo Disney” che insegna attraverso tre fasi ad essere “sognatore”, pensando che tutto sia possibile e realizzabile, “critico”, evidenziando tutti gli impedimenti che possono esserci e “realista”, trasformando il sogno in qualcosa di concreto.

“La differenza tra un sogno e un obiettivo è semplicemente una data”, diceva W. Disney.

Non tutti ci riescono, non tutti ne esprimono competenza e capacità, ma io penso che gran parte non ci prova neanche.

L’idea assistenziale e del facile guadagno ha distrutto i sogni, siamo circondati da pessimi esempi della politica, fatta da non competenti arrivisti, i facili guadagni associati all’illegale e allo stupro spesso ambientale.

Quanto è importante la citata, spesso anche a sproposito, tutela ambientale quando di fatto non si orientano i progetti lavorativi in tale direzione.

Chi si occupa di agricoltura non è sempre un alleato dell’equilibrio ambientale, come chi si occupa di sanità non sempre produce benessere; insomma proviamo a pensarci e ripensarci dialogando magari con chi tali sogni li ha realizzati, e non con chi ha rinunciato persino a farli. Il contagio oggi ha carattere di allarme ma se a contagiarci sono i sogni potremmo vivere meglio, pensate a Marzullo che ne ha fatto una longeva trasmissione.

I giovani che hanno costruito qualcosa sono fieri, hanno una mente possibilista e attiva, hanno una percezione di sé e un tono dell’umore valido, insomma non hanno bisogno di coach, di psicologi, ma per chi crede una sana fede in Dio aiuta sempre a sentirsi oltre, in armonia con il bene costruttivo e generativo e non con il male distruttivo, il classico dibattito interiore tra eros e thanatos».

domenica 28 Febbraio 2021

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