Cultura

I braccianti e la festa della croce

Vincenzo D'Avanzo
I contadini coglievano l'occasione per intrecciare due rami di ulivo a forma di Croce issandoli negli orti o negli oliveti per propiziare il successo del proprio lavoro
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Nella nostra città la devozione alla Croce è molto diffusa. Quasi tutte le chiese hanno il loro bel Crocifisso, per molte strade è facile incontrare una edicola o un affresco con la Croce, dal ss. Salvatore a Montegrosso si dipana una via crucis un tempo molto curata dai fedeli e venerata dai contadini che andando in campagna si segnavano con una preghiera muta.

Soprattutto durante la guerra al Crocifisso si ricorreva per chiedere il dono della pace oppure per impetrare il ritorno di un figlio o di un marito partiti al fronte.

La tradizione cattolica festeggiava la Croce il tre di maggio, giorno che si ricordava il rinvenimento della Croce di Gesù da parte della regina Elena ed era una festa che veniva celebrata anche dai protestanti e dagli ortodossi in buona parte del mondo. I contadini coglievano l’occasione per intrecciare due rami di ulivo a forma di Croce issandoli negli orti o negli oliveti per propiziare il successo del proprio lavoro.

Francesco era stato molto attratto da quella immagine fin da piccolo: in entrambe le stanze della sua modesta abitazione spiccava l’immagine del Crocefisso e quando frequentava la chiesa di san Nicola, che era la sua parrocchia, si fermava spesso sotto l’enorme Crocifisso venerato nella chiesa interrogando sempre il parroco del motivo per cui tanta sofferenza. Nessuna risposta lo appagava e sempre riproponeva la stessa domanda. Fino a quando da giovane adulto, dopo aver guardato la morte in faccia durante il secondo conflitto mondiale che egli visse in Albania, capì perché lo chiamavano Crocifisso “patiens” (doloroso): osservò i lineamenti di quel corpo al culmine della sofferenza proprio nel momento dell’ultimo respiro: quei muscoli irrigiditi, la testa reclinata e la smorfia del dolore sul viso: assomigliavano molto ai commilitoni che egli aveva visto morire apparentemente senza un senso. Proprio come quel Cristo in Croce: perché il figlio di Dio dovette morire per rimediare al peccato dell’uomo? È l’amore, rispose il prete, quello che ti porta a dare la vita. E quando la sera tornava a casa stanco del duro lavoro in campagna guardando quel volto sofferente che teneva in casa riacquistava la forza  per giocare con i suoi tre figli ancora piccoli.

Fu in quegli anni che mons. Di Donna volle celebrare in modo solenne la festa della Croce proprio per indicare a tutti che la sofferenza era per tutti ma anche la resurrezione faceva parte de programma della nostra vita: dal dolore nasce la speranza. Francesco si mobilitò subito nella organizzazione della processione che doveva coinvolgere tutti gli uomini andriesi. Infatti la processione si svolgeva sul finire della notte del tre di maggio per consentire la maggiore partecipazione possibile e poi anche permettere agli stessi uomini di andare al lavoro.  Dopo la serie di delitti che caratterizzò il dopoguerra andriese e il ritorno della pace sociale era impressionante vedere questa fiumana di uomini che esprimevano la loro fede; per qualcuno capitava una volta l’anno. Nei giorni precedenti Francesco e altri volontari giravano le parrocchie, le associazioni cattoliche e anche le piazze per invitare tutti alla partecipazione. Si determinò una specie di gara non dichiarata con il corteo del primo maggio sulla quantità degli uomini coinvolti nelle due manifestazioni. Cambiava il finale: il corteo del primo maggio si concludeva con un comizio sindacale in piazza catuma con toni spesso arrabbiati; nella stessa piazza un paio di giorni dopo si levava la predicazione dei più famosi oratori religiosi che il vescovo chiamava da tutta Italia per infervorare la fede di quegli uomini stanchi del lavoro e affaticati dalla ingiustizia che spesso erano costretti a subire.

Per giorni Francesco con gli amici continuava a parlare del successo della processione rispetto al corteo del primo maggio anche se a sentire i comunisti il merito del successo della processione era nella collaborazione delle donne che alle quattro del mattino costringevano i mariti ad alzarsi per partecipare a quel rito comunque tanto sentito da tutti gli andriesi mentre il 1° maggio le stesse donne scoraggiavano la partecipazione per paura di disordini. Negli anni cinquanta, sindaco Jannuzzi, proprio ad Andria fu istituita la giornata della mamma che si celebrava in tutte le scuole: quasi un omaggio alla regina della casa che in silenzio teneva unita la famiglia. Era anche questa una ricorrenza molto intima prima che l’era commerciale la trasformasse in festa in tutto il mondo. Hanno collegamento la festa della Croce con la giornata della mamma in Andria? Piace immaginarla.

Qualche volta il confronto si allargava anche alla processione del Crocifisso di Trani. Anche qui il raffronto avveniva sul numero dei partecipanti perché gli andriesi riconoscevano alla manifestazione tranese una maggiore solennità. La processione andriese era penitenziale mentre a Trani la festa suscitava più emozione perché ricordava il miracolo compiuto dal Crocifisso venerato nella cappella di Colonna: nel 1480 i turchi saccheggiarono Trani portando via anche il Crocifisso. Portato a bordo di un veliero il Crocifisso sarebbe diventato talmente pesante da rendere immobile l’ imbarcazione tanto che i turchi lo buttarono a mare dopo aver infierito a colpi di scimitarra sulla sacra immagine, che avrebbe dimostrato tutto il suo affetto per i tranesi approdando sul lungomare di Colonna dove appunto i fedeli costruirono una cappella (la tradizione orale spesso fonde in un unico narrato la storia e la leggenda. Vale sempre la fede popolare). Ogni anno i tranesi portavano, seguito da una scia di imbarcazioni, il Crocifisso al porto dove è ad attenderlo il popolo che lo porta in processione. Francesco, che della manifestazione tranese aveva sempre sentito parlare, quando ebbe la opportunità di recarsi a Trani con i primi autobus, ammetteva che la processione di Trani era più bella ma la devozione era più intensa in Andria. Tra Andria, Trani e Barletta c’è sempre stata rivalità e questa non poteva mancare anche nelle manifestazioni religiose.

Fu Giovanni XXIII a eliminare la festa del tre maggio lasciando alla devozione dei fedeli solo quella del 14 settembre, seguita il 15 dalla festa dell’Addolorata. Mistero delle coincidenze. Francesco fu contrariato da questa decisione e non trascurò alla prima occasione di comprare la collanina con il Crocifisso a tutti i figli il bacio al quale ogni mattina aveva il sapore dell’augurio di buon giorno.

domenica 9 Maggio 2021

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Franco
Franco
2 anni fa

Qui al posto delle feste tradizionali vogliono sostituire cerimonie in streaming da seguire comodamente dal divano.

Andriese72
Andriese72
2 anni fa

Mi permetto, per una volta di fare un piccolo appunto a questi bellissimi racconti, “Quasi tutte le chiese hanno il loro bel Crocifisso…”, TUTTE le chiese hanno al loro interno un Crocifisso bello o brutto altrimenti non sarebbe una chiesa