L'approfondimento

Dipendenza dai social e precarietà giovanile: l’altra faccia del progresso

Geremia Acri
Geremia Acri
social connessi
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L’era dell’incertezza, del futuro tagliato, dei sogni distrutti e dei sognatori resi ciechi
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Ogni epoca ha i suoi lati positivi e negativi, aspetti che la rendono unica ed irripetibile con altri cicli che, invece, si ripetono, perché l’uomo tende a dimenticare in fretta. Quello che oggi c’è di diverso è che ogni angolo del mondo, o quasi, è raggiungibile alla portata di un click. Tutti connessi, eppure, tremendamente più soli.

Spiegare questa anomalia è sicuramente complesso. Quel che è oramai noto sta in un concetto chiave: vedere le vite degli altri non ci rende felici, soprattutto se il modello lo andiamo a cercare in personaggi che di reale hanno solo la carne. La tecnologia ci ha dato una possibilità pressoché infinita, quella di raggiungere luoghi agli antipodi e farli sentire vicini. Ha creato connessioni, opportunità, sviluppi. Eppure, parallelamente, aumentano anche depressione, dipendenze, tristi casi di chi si toglie la vita perché non riesce più a sopportare gli affanni quotidiani. E questo accade soprattutto tra i giovani, quelli della generazione iperconnessa il cui volto non ha più nome, ma un’identità digitale.

Il risultato di un’indagine presentato al Senato della Repubblica nel giugno del 2021 è andato in questa direzione. Intitolato «Sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento», l’analisi ha messo in luce una desolante realtà di cui siamo oggi testimoni, la cui gravità è resa ancor maggiore dal fatto che viene data per naturale e inesorabile, dato l’aumento nell’utilizzo dei social media e mezzi di comunicazione non diretta. Si legge: «Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminu­zione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concen­trazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica».

Un quadro preoccupante, dunque, da cui sembra difficile poter uscire, considerando che l’utilizzo dello smartphone è ormai imprescindibile per qualunque tipo di attività e relazione. Non solo, anche il suo mancato utilizzo porta a sindromi depressive in relazione al fenomeno della FOMO, ovvero la “paura di essere tagliati fuori” da qualunque connessione vitale per l’uomo.

Questa stimolazione senza sosta porta in maniera quasi inevitabile a fenomeni di ritirata dal mondo. Più vediamo, meno vogliamo vedere ed essere partecipi dell’ambiente che ci circonda, per il terrore di esserne risucchiati. È anche da questo che nasce il fenomeno degli hikikomori, dove in Giappone ha superato il milione di casi. Un numero impressionante che pone l’accento sulla questione moderna: essere ineducati agli strumenti di cui gli stessi individui sono fautori è la crudele altra faccia della medaglia del progresso, che nasconde lati oscuri dove l’uomo diventa sempre meno emozione, ma solo macchina robotica che si abbandona al suo stesso funzionamento.

Aumenta l’esposizione, aumenta l’incapacità di utilizzo corretto, aumentano anche i reati ad esso collegati, come l’adescamento online, il cyberbullismo, il revenge porn: chi è malintenzionato trova nel digitale uno strumento in più di far abbioccare la preda, se quest’ultimo è stato creato senza limitazione.

Il virtuale ha normalizzato le crudeltà del reale. Si è creata una vera e propria pornografia del dolore dove l’utente non vede l’ora di assistere a qualcosa di macabro per ricondividerlo. E intanto gli occhi perdono la funzione di essere testimoni empatici delle storie, e restano solo veicolo di un post esultante.

Le soluzioni ci sarebbero, ma manca la comprensione alla base di quanto grave sia, perché il tutto troppo spesso è relegato all’ingenuità dei giovani. I social sono di tutti, la parola stessa ne rappresenta il senso. Nessuno però si è mai posto il problema dell’educazione al sistema, e senza quella l’uomo ha nulla in più di una bestia il cui unico scopo è la sopravvivenza.

Forse, la causa del problema non sta nel problema stesso, che è sotto gli occhi di tutti, ma proprio in ciò da cui quest’epoca, più delle altre, è contraddistinta. L’era dell’incertezza, del futuro tagliato, dei sogni distrutti e dei sognatori resi ciechi. E chi della vita ha tutto il tempo davanti, anziché percepirla come possibilità di realizzazione, la vede come minaccia da cui ritirarsi. Forse, i social network e le sue conseguenze sono solo la punta dell’iceberg, sotto il quale si nascondono tutte le precarietà e le insicurezze di chi spera ma le cui ali vengono tarpate dall’opinione pubblica, che relega ormai il tutto agli attributi di “movida” e “branco”. Quanto si imparerebbe, invece, dal confronto, quanti insegnamenti da chi ha degli occhi tutti nuovi e un modo inedito di vedere la realtà. Quanta curiosità si scopre nelle loro anime quando, al contrario di porsi con superiorità e giudizio, si prestano cuore e udito, per appassionarci con le loro storie.

Riduciamo pure l’uso dei social, fondamentale perché è importante imparare a fermarsi in un mondo che corre. Ma, prima di tutto questo, impariamo ad ascoltare. Riscopriremo la meraviglia dell’umano e del futuro come giostra infinita di desideri da raggiungere.

domenica 4 Febbraio 2024

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Andriese
Andriese
2 mesi fa

Caro don Geremia, hai descritto perfettamente la società odierna con precisione e verità. Una società malata del nulla, che si sveglia ogni mattina,alienata e con il mal di vivere . Purtroppo, non colpisce solo i giovani ma anche molti,moltissimi adulti, coloro che dovrebbero essere da esempio per i figli, invece assistiamo sempre più a uomini e donne che all’infuori dei social, 24 ore su 24,vivono il virtuale,con tutte le conseguenze elencate nella lettera. Mi chiedo : chi educa chi?
Se oggi la società e la famiglia sono in un decadimento irreversibile, verso una esponenziale crescita di malattie mentali, lo si deve al continuo lavaggio del cervello, il paradosso è “sporcandolo” di spazzatura vomitevole, di immagini,video alloccanti, che fa presa sui giovani e sugli adulti immaturi, creata da chi , al contrario, fa business.