L'approfondimento

Libertà e frontiere

Michele Guadagno
Michele Guadagno
Libertà
libertà
I ragazzi esprimono la loro concezione di libertà, ma in realtà per loro, al giorno d’oggi, essa non esiste
scrivi un commento 138

Al giorno d’oggi i ragazzi non si sentono di appartenere all’Europa come culla della democrazia e del liberalismo, poiché molti intervistati hanno espresso notevoli perplessità sul caso Assange, considerandolo una soppressione della libertà di stampa, mentre una minor parte glorifica il nostro sistema liberale, tracciando una netta differenza con i regimi illiberali, che sono presenti in altre parti del mondo.

Dal mio punto di vista mi sembra doveroso fare una domanda apparentemente scontata, che a ben guardare tanto scontata non è: la libertà è davvero qualcosa che ci fa stare bene? Qualcuno sostiene che al giorno d’oggi viviamo in “una parvenza di libertà”, dal momento che nella sua applicazione pura e concreta essa non può che degenerare in uno stato di anarchia. Non sarà un caso che l’uomo, anche attraverso le religioni, si è posto dei paletti morali per evitarla. Si potrebbe a tal proposito scomodare il filosofo danese Kierkegaard, che per porre fine alla disperazione indotta dalla presa d’atto della piena possibilità di scelta, da lui concepita come “la morte vivente dell’Io”, si rifugiò in una “alienazione” verso Dio. Chiaramente, egli smonta la concezione felice di libertà che molti di noi hanno, immersi come sono in una società basata sul piacere edonistico, addentrando invece la sua ricerca filosofica nella sua essenza più profonda.

Ma adesso arriviamo alla domanda più semplice e difficile: “Cosa è per te la libertà?”. La maggior parte risponde ricalcando l’adagio “la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”. Riflettendo su questa frase, resto alquanto perplesso, poiché mi sembra una concezione del tutto erronea e priva di fondamento. In base a quali criteri decidiamo la linea del nostro limes? Molti risponderebbero “fin dove comincia il limes dell’altro”; ma, obietto: se i confini di quella persona si spingono ben oltre rispetto a quanto noi ci possiamo aspettare? Cosa dovremmo fare? Rimarcare i nostri, senza averli prima determinati secondo un criterio logico?

Le frontiere servono a rafforzare il nostro stato di preservazione, ma a mio modo di vedere è utile adottare dei criteri di determinazione più rigorosi, per esempio facendoci guidare da morali eteronome e certe (come Kierkegaard con il Dio cristiano), piuttosto che affidarci a generiche frasi fatte o principi “aperti” a mutazioni soggette alle diverse epoche.

Senza determinare in maniera rigorosa i limiti tra noi e gli altri andremo incontro ad una spersonalizzazione interiore sempre maggiore, che in futuro si potrà tramutarsi in solitudine interiore.

Lascio il giudizio ad Aristotele: “Per vivere soli si deve essere una bestia o un dio”.

Sapere Aude!

venerdì 8 Marzo 2024

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti